lunedì 11 marzo 2013

IL RINVIO È' UGUALE PER TUTTE (LE PENSIONI)

La riforma Fornero, che ha elevato l’età di pensionamento, ha provocato un contraccolpo nel settore della previdenza complementare, rimandando anche la data dalla quale si potrà percepire la rendita dal proprio fondo pensione o piano pensionistico individuale. E questo anche nei casi in cui tale data era stata già fissata alla stipula del contratto. Ovviamente, ciò ha provocato qualche “animosa” protesta da parte di aspiranti pensionati, protesta che si è sfogata contro le compagnie di assicurazioni che gestiscono tali contratti. Tuttavia, almeno in questo caso, le compagnie non hanno alcuna colpa. Ma andiamo con ordine.
Obbligatoria e complementare vanno di pari passo. Prima di tutto va ricordato un principio fondamentale: per legge si può godere della rendita derivante dalla previdenza complementare, solamente quando si matura il diritto a percepire la pensione nel “regime obbligatorio”, ovverosia la forma pensionistica cui un lavoratore deve necessariamente essere iscritto (l’INPS nella maggior parte dei casi). Esempio: Rossi è iscritto all’INPS, al quale la sua fabbrica paga contributi. Inoltre, ha anche aderito (liberamente) al fondo pensione di settore, cui Rossi e la sua fabbrica versano altri contributi. Nel momento in cui Rossi inizierà a percepire la pensione dall’INPS, solamente allora potrà ricevere anche la rendita dal proprio fondo pensione. Pertanto, dopo la riforma Fornero, l’erogazione di entrambe inizierà alcuni anni dopo il momento in cui sarebbe iniziata prima della suddetta riforma.
Un problema è però sorto per alcuni piani pensionistici che le compagnie di assicurazioni avevano in passato predisposto, strutturandoli come polizze vita. E ne è stato causa la necessità di far convivere la disposizione di legge -la quale prevede appunto che i pensionamenti nel sistema obbligatorio e in quello complementare devono essere contemporanei- con il fatto che la durata delle polizze è determinata al momento della stipula del contratto. Pertanto, quando tali polizze sono state sottoscritte, la loro durata è stata fissata tenendo conto di quando sarebbe scattato il diritto alla pensione obbligatoria. Se Tizio aveva deciso di farsi un piano pensionistico, stipulando una polizza, e al momento della sottoscrizione mancavano una ventina di anni alla pensione INPS, di conseguenza, Tizio aveva scelto di far durare la sua polizza venti anni, durante i quali avrebbe versato i contributi. Trascorso tale periodo, avrebbe iniziato a percepire contemporaneamente la pensione INPS e la rendita della polizza.
La coda del diavolo. Purtroppo, il diavolo (o, meglio, la Fornero) ci ha messo la coda. Tutti gli italiani hanno visto rimandata la pensione (parliamo, ovviamente della pensione obbligatoria e cioè dell’INPS nella stragrande maggioranza dei casi). Quelli, poi, che avevano sottoscritto le polizze di cui si è parlato sopra hanno dovuto procrastinare anche la data in cui avrebbero ricevuto la rendita dal proprio piano pensionistico.
Difatti, quando si sono presentati alla propria compagnia di assicurazioni alla scadenza del piano pensionistico, chiedendo di percepire la rendita, si sono sentiti rispondere: “Caro signore, Lei avrebbe ragione in base al contratto; purtroppo, la legge ci impone di erogare la rendita di un piano pensione solamente se il cliente che lo ha sottoscritto ci dimostra di avere diritto di percepire la pensione nel proprio regime obbligatorio. Quindi, torni a trovarci quando riceverà la pensione dall’INPS.”.
Ovviamente, i clienti hanno mostrato, spesso con una punta di malagrazia, la pagina del contratto in cui era scritto a chiare lettere che la rendita sarebbe decorsa proprio da quel giorno. Ma non c’è stato nulla da fare: le compagnie hanno dovuto rispondere -e non potevano fare altro- che la legge prevale su qualsiasi contratto. D’altronde, la norma di cui parliamo (cioè quella che impone la contemporaneità dell’inizio delle due pensioni) è chiaramente una norma imperativa e, quindi, non derogabile a piacere e con l’accordo delle parti.
Al tempo: ad essere precisi le compagnie avrebbero potuto erogare la rendita, se proprio i clienti avessero insistito, ma questo avrebbe significato la perdita dei benefici fiscali per i clienti stessi. Difatti, questi ultimi, per tutta durata della polizza, avevano dedotto dall’IRPEF i contributi versati nel piano pensionistico, ottenendo in tale modo un sostanzioso sconto fiscale. Per iniziare a percepire la rendita prima del pensionamento obbligatorio, si sarebbero dovuti, quindi, restituire tutte le somme in precedenza non versate al fisco. Tutto sommato, non sarebbe stato un buon affare.

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