lunedì 11 marzo 2013

10 ANNI PER SALVARE I TUOI SOLDI (SE HAI UNA POLIZZA)


La concitata fine della precedente legislatura ha provocato l’aborto di molti e importanti e attesi provvedimenti legislativi. Per fortuna, è scampata a questa triste sorte la Legge n. 221/12 che ha, fra l’altro, convertito il decreto-legge n. 179/12, approvato dal Governo Monti lo scorso ottobre. Ed è stata una fortuna, perché il decreto contiene una disposizione utilissima per i risparmiatori che hanno investito il proprio denaro, affidandolo ad una compagnia di assicurazioni: si tratta della norma che ha portato a dieci anni la prescrizione per le polizze vita, equiparandole, così, agli altri prodotti finanziari (fra le quali le polizze vita vengono adesso ricomprese). Un provvedimento sicuramente equo, soprattutto se si considera che c’è di mezzo la tristemente famosa normativa comunemente conosciuta come “conti dormienti”.
Un famoso scippo. Ricordiamo brevemente che questa normativa -nata a fine 2005- prevede che lo stato incameri l’importo dei prodotti finanziari, dei quali, una volta scaduti, nessuno abbia reclamato il rimborso. Lo scopo -almeno quello dichiarato ed ufficiale- era di indennizzare, con le somme in tal modo accantonate, coloro che avevano investito nel mercato finanziario ed erano stati vittime di frodi oppure avevano subito un danno ingiusto, che non era stato risarcito.
Ora, il sottoscrittore di un prodotto finanziario ha tempo dieci anni per reclamare il proprio diritto ed incassare il rimborso del suo investimento. Dopo tale termine agisce la prescrizione e tale diritto viene perso. Ma per le polizze vita, come per tutte le polizze assicurative, la prescrizione aveva prima un termine molto più breve e cioè due anni. Pertanto, i sottoscrittori delle polizze vita che non reclamavano il loro diritto entro 24 mesi si vedevano scippare i risparmi faticosamente accumulati dopo questo brevissimo termine.
E ancora prima era peggio. DIfatti, la prescrizione biennale era stata un gentile omaggio della stessa normativa dei conti dormienti. L'originaria prescrizione prevista dal codice civile era, addirittura, di un anno.
Tempus fugit. Un anno o due potrebbe sembrare un tempo sufficientemente lungo. Ma non è così. Una dimenticanza può sempre capitare, specialmente con prodotti come le polizze, la cui fase di accumulazione dura decenni. Ma può anche accadere che l’intestatario della polizza subisca qualche dolorosa vicissitudine -come un incidente con connesso ricovero o una malattia grave- la quale facilmente può durare mesi ed impedire di reclamare il dovuto. Da rammentare, poi, che tale prescrizione riguarda anche i diritti vantati dai beneficiari caso morte e cioè da coloro che devono incassare somme nel caso di decesso dell’assicurato: non tutti lasciano le “carte” in ordine, in previsione della propria partenza da questa valle di lacrime, per cui spesso accade che mogli e figli di un assicurato vengano a sapere che il loro congiunto aveva stipulato una polizza con enorme ritardo. Insomma … il tempo corre veloce.
Stato famelico. Occorre anche sottolineare un aspetto. Le compagnie di assicurazioni, spesso dipinte come consorterie di predoni, usavano con molta prudenza la prescrizione. Capitava sovente che un cliente o i beneficiari della sua polizza reclamassero l’importo della polizza stessa, dopo che era trascorso non da moltissimo un anno … ad esempio quindici o diciotto mesi. Nella stragrande maggioranza di tali casi, le compagnie pagavano il relativo importo, anche se a termine di legge avrebbero avuto il diritto di rifiutarsi. Un comportamento ad un certo punto incoraggiato dallo stesso ISVAP (l’autorità di vigilanza sulle assicurazioni), che aveva invitato le compagnie a non applicare con eccessivo rigore la prescrizione, chiudendo un occhio se qualcuno si presentava con un po’ di ritardo. Ma questo con lo stato non è possibile, per cui dopo un anno esatto dalla sua scadenza, una polizza veniva incamerata senza misericordia. Il legislatore si avvide di questa anomalia: infatti, nel 2008 portò la prescrizione dei prodotti assicurativi a due anni. Tuttavia, nel campo delle polizze vita, permaneva un enorme differenza con la prescrizione degli altri prodotti finanziari, che era di dieci anni.
E finalmente … il legislatore si decise a parificare le diverse situazioni. Il citato DL 221, infatti, ha portato la prescrizione per i soli contratti assicurativi sulla vita a dieci anni: lo stesso termine dei prodotti finanziari. In effetti, il legislatore doveva avere le idee un po’ confuse, poiché nella relazione che accompagnava il decreto si affermava che con tale provvedimento si riportava «da 2 a 10 anni il termine prescrizionale delle polizze vita cd “dormienti”, già ridotto nel 2008 dall’ordinario termine di 10 anni … all’attuale termine di 2 anni». In effetti, come detto prima, nel 2008 la prescrizione venne elevata da uno a due anni e non ridotta. L’equivoco è probabilmente nato poiché anni fa una compagnia lanciò dei contratti sulla vita per i quali, allo scopo di renderli più appetibili, aveva rinunciato alla prescrizione annuale e aveva concesso a chi investiva una maggiore prescrizione di dieci anni. Ovviamente, quando tali polizze erano finite nei “conti dormienti”, era scoppiata una grana non indifferente, poiché lo stato aveva tentato di scipparle dopo solo un anno o due anni, sottraendo ai risparmiatori anche il vantaggio loro concesso dalla compagnia.

1 commento:

Anonimo ha detto...

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