lunedì 11 marzo 2013

ATTENZIONE! RIMBORSO IN CORSO

Un’importante novità nel settore delle polizze vita. Alcuni di coloro che avrebbero dovuto incassare i proventi di una polizza e non lo hanno fatto, provocando così la “confisca” da parte del c.d. “fondo conti dormienti”, potranno chiedere il rimborso.
CHI PUÒ FARSI RIMBORSARE?
Potranno ottenere il rimborso i beneficiari di una polizza vita, purché ricadano in queste condizioni:
1) l’evento -che ha determinato il diritto a riscuotere il capitale assicurato- si è verificato successivamente alla data del 1° gennaio 2006 (e, quindi, dal 2 gennaio compreso in poi). Ma quali sono tali eventi?
- In tutte le polizze vita -sia che appartengano alla categoria delle “caso morte” che delle “caso vita”- ha dare tale diritto è la morte dell’assicurato; a riscuotere il capitale sono i c.dd. “beneficiari caso morte”.
- Per le sole polizze “caso vita”, poi, i c.dd. “beneficiari caso vita” incasseranno il capitale quando la polizza giunge alla sua scadenza naturale e, a quella data, l’assicurato è ancora vivo;
2) la prescrizione di tale diritto è intervenuta prima del 29 ottobre 2008 (e cioè fino al 28 compreso). In parole povere, nessuno degli aventi diritto si è presentato a riscuotere fino al suddetto 28 ottobre);
3) la compagnia di assicurazioni, quando il beneficiario ha richiesto di incassare il capitale, ha rifiutato di pagare, non essendo più in possesso della relativa somma, in quanto la aveva trasferita al Fondo “Rapporti dormienti”, proprio in virtù dell’essersi verificata la suddetta prescrizione.
QUANDO SI PUÒ PRESENTARE LA DOMANDA?
I beneficiari avranno tempo per la presentazione delle domande fino al 15 aprile 2013. Il periodo utile per presentare la domanda, peraltro, è già iniziato il 13 febbraio scorso.
A CHI SI PUÒ PRESENTARE LA DOMANDA?
La domanda va presentata alla Consap S.p.A., ovverosia alla società pubblica che gestisce il Fondo.
La domanda va presentata in uno dei seguenti modi.
1) raccomandata a.r. al seguente indirizzo: Consap Spa - Gestione Polizze dormienti, Via Yser, 14 00198, Roma (il timbro postale farà fede dell’avvenuta presentazione nei termini indicati sopra);
2) plico a mano: le domande possono essere presentate allo stesso indirizzo indicato al n. 1) dalle ore 8,00 alle ore 17,30 dal lunedì al giovedì e dalle ore 8,00 alle ore 13,00 il venerdì (il timbro apposto da Consap farà fede dell’avvenuta presentazione nei termini indicati sopra);
3) Posta Elettronica Certificata che andrà inviata al seguente indirizzo: consap@pec.consap.it (non saranno prese in considerazione le domande inoltrate a mezzo di posta elettronica non certificata).
COME VA REDATTA LA DOMANDA
La domanda deve contenere una serie di elementi. Allo scopo di agevolare i richiedenti, Consap ha predisposto una lettera-tipo, che si può consultare e scaricare nel sito dalla Consap medesima. Per accedere a tale lettera, clicca QUI.
Fra gli altri documenti, va allegata anche un’apposita attestazione rilasciata dalla compagnia di assicurazioni. Per visionare la bozza, seguendo la quale l’attestazione va redatta, cliccare QUI.


10 ANNI PER SALVARE I TUOI SOLDI (SE HAI UNA POLIZZA)


La concitata fine della precedente legislatura ha provocato l’aborto di molti e importanti e attesi provvedimenti legislativi. Per fortuna, è scampata a questa triste sorte la Legge n. 221/12 che ha, fra l’altro, convertito il decreto-legge n. 179/12, approvato dal Governo Monti lo scorso ottobre. Ed è stata una fortuna, perché il decreto contiene una disposizione utilissima per i risparmiatori che hanno investito il proprio denaro, affidandolo ad una compagnia di assicurazioni: si tratta della norma che ha portato a dieci anni la prescrizione per le polizze vita, equiparandole, così, agli altri prodotti finanziari (fra le quali le polizze vita vengono adesso ricomprese). Un provvedimento sicuramente equo, soprattutto se si considera che c’è di mezzo la tristemente famosa normativa comunemente conosciuta come “conti dormienti”.
Un famoso scippo. Ricordiamo brevemente che questa normativa -nata a fine 2005- prevede che lo stato incameri l’importo dei prodotti finanziari, dei quali, una volta scaduti, nessuno abbia reclamato il rimborso. Lo scopo -almeno quello dichiarato ed ufficiale- era di indennizzare, con le somme in tal modo accantonate, coloro che avevano investito nel mercato finanziario ed erano stati vittime di frodi oppure avevano subito un danno ingiusto, che non era stato risarcito.
Ora, il sottoscrittore di un prodotto finanziario ha tempo dieci anni per reclamare il proprio diritto ed incassare il rimborso del suo investimento. Dopo tale termine agisce la prescrizione e tale diritto viene perso. Ma per le polizze vita, come per tutte le polizze assicurative, la prescrizione aveva prima un termine molto più breve e cioè due anni. Pertanto, i sottoscrittori delle polizze vita che non reclamavano il loro diritto entro 24 mesi si vedevano scippare i risparmi faticosamente accumulati dopo questo brevissimo termine.
E ancora prima era peggio. DIfatti, la prescrizione biennale era stata un gentile omaggio della stessa normativa dei conti dormienti. L'originaria prescrizione prevista dal codice civile era, addirittura, di un anno.
Tempus fugit. Un anno o due potrebbe sembrare un tempo sufficientemente lungo. Ma non è così. Una dimenticanza può sempre capitare, specialmente con prodotti come le polizze, la cui fase di accumulazione dura decenni. Ma può anche accadere che l’intestatario della polizza subisca qualche dolorosa vicissitudine -come un incidente con connesso ricovero o una malattia grave- la quale facilmente può durare mesi ed impedire di reclamare il dovuto. Da rammentare, poi, che tale prescrizione riguarda anche i diritti vantati dai beneficiari caso morte e cioè da coloro che devono incassare somme nel caso di decesso dell’assicurato: non tutti lasciano le “carte” in ordine, in previsione della propria partenza da questa valle di lacrime, per cui spesso accade che mogli e figli di un assicurato vengano a sapere che il loro congiunto aveva stipulato una polizza con enorme ritardo. Insomma … il tempo corre veloce.
Stato famelico. Occorre anche sottolineare un aspetto. Le compagnie di assicurazioni, spesso dipinte come consorterie di predoni, usavano con molta prudenza la prescrizione. Capitava sovente che un cliente o i beneficiari della sua polizza reclamassero l’importo della polizza stessa, dopo che era trascorso non da moltissimo un anno … ad esempio quindici o diciotto mesi. Nella stragrande maggioranza di tali casi, le compagnie pagavano il relativo importo, anche se a termine di legge avrebbero avuto il diritto di rifiutarsi. Un comportamento ad un certo punto incoraggiato dallo stesso ISVAP (l’autorità di vigilanza sulle assicurazioni), che aveva invitato le compagnie a non applicare con eccessivo rigore la prescrizione, chiudendo un occhio se qualcuno si presentava con un po’ di ritardo. Ma questo con lo stato non è possibile, per cui dopo un anno esatto dalla sua scadenza, una polizza veniva incamerata senza misericordia. Il legislatore si avvide di questa anomalia: infatti, nel 2008 portò la prescrizione dei prodotti assicurativi a due anni. Tuttavia, nel campo delle polizze vita, permaneva un enorme differenza con la prescrizione degli altri prodotti finanziari, che era di dieci anni.
E finalmente … il legislatore si decise a parificare le diverse situazioni. Il citato DL 221, infatti, ha portato la prescrizione per i soli contratti assicurativi sulla vita a dieci anni: lo stesso termine dei prodotti finanziari. In effetti, il legislatore doveva avere le idee un po’ confuse, poiché nella relazione che accompagnava il decreto si affermava che con tale provvedimento si riportava «da 2 a 10 anni il termine prescrizionale delle polizze vita cd “dormienti”, già ridotto nel 2008 dall’ordinario termine di 10 anni … all’attuale termine di 2 anni». In effetti, come detto prima, nel 2008 la prescrizione venne elevata da uno a due anni e non ridotta. L’equivoco è probabilmente nato poiché anni fa una compagnia lanciò dei contratti sulla vita per i quali, allo scopo di renderli più appetibili, aveva rinunciato alla prescrizione annuale e aveva concesso a chi investiva una maggiore prescrizione di dieci anni. Ovviamente, quando tali polizze erano finite nei “conti dormienti”, era scoppiata una grana non indifferente, poiché lo stato aveva tentato di scipparle dopo solo un anno o due anni, sottraendo ai risparmiatori anche il vantaggio loro concesso dalla compagnia.

IL RINVIO È' UGUALE PER TUTTE (LE PENSIONI)

La riforma Fornero, che ha elevato l’età di pensionamento, ha provocato un contraccolpo nel settore della previdenza complementare, rimandando anche la data dalla quale si potrà percepire la rendita dal proprio fondo pensione o piano pensionistico individuale. E questo anche nei casi in cui tale data era stata già fissata alla stipula del contratto. Ovviamente, ciò ha provocato qualche “animosa” protesta da parte di aspiranti pensionati, protesta che si è sfogata contro le compagnie di assicurazioni che gestiscono tali contratti. Tuttavia, almeno in questo caso, le compagnie non hanno alcuna colpa. Ma andiamo con ordine.
Obbligatoria e complementare vanno di pari passo. Prima di tutto va ricordato un principio fondamentale: per legge si può godere della rendita derivante dalla previdenza complementare, solamente quando si matura il diritto a percepire la pensione nel “regime obbligatorio”, ovverosia la forma pensionistica cui un lavoratore deve necessariamente essere iscritto (l’INPS nella maggior parte dei casi). Esempio: Rossi è iscritto all’INPS, al quale la sua fabbrica paga contributi. Inoltre, ha anche aderito (liberamente) al fondo pensione di settore, cui Rossi e la sua fabbrica versano altri contributi. Nel momento in cui Rossi inizierà a percepire la pensione dall’INPS, solamente allora potrà ricevere anche la rendita dal proprio fondo pensione. Pertanto, dopo la riforma Fornero, l’erogazione di entrambe inizierà alcuni anni dopo il momento in cui sarebbe iniziata prima della suddetta riforma.
Un problema è però sorto per alcuni piani pensionistici che le compagnie di assicurazioni avevano in passato predisposto, strutturandoli come polizze vita. E ne è stato causa la necessità di far convivere la disposizione di legge -la quale prevede appunto che i pensionamenti nel sistema obbligatorio e in quello complementare devono essere contemporanei- con il fatto che la durata delle polizze è determinata al momento della stipula del contratto. Pertanto, quando tali polizze sono state sottoscritte, la loro durata è stata fissata tenendo conto di quando sarebbe scattato il diritto alla pensione obbligatoria. Se Tizio aveva deciso di farsi un piano pensionistico, stipulando una polizza, e al momento della sottoscrizione mancavano una ventina di anni alla pensione INPS, di conseguenza, Tizio aveva scelto di far durare la sua polizza venti anni, durante i quali avrebbe versato i contributi. Trascorso tale periodo, avrebbe iniziato a percepire contemporaneamente la pensione INPS e la rendita della polizza.
La coda del diavolo. Purtroppo, il diavolo (o, meglio, la Fornero) ci ha messo la coda. Tutti gli italiani hanno visto rimandata la pensione (parliamo, ovviamente della pensione obbligatoria e cioè dell’INPS nella stragrande maggioranza dei casi). Quelli, poi, che avevano sottoscritto le polizze di cui si è parlato sopra hanno dovuto procrastinare anche la data in cui avrebbero ricevuto la rendita dal proprio piano pensionistico.
Difatti, quando si sono presentati alla propria compagnia di assicurazioni alla scadenza del piano pensionistico, chiedendo di percepire la rendita, si sono sentiti rispondere: “Caro signore, Lei avrebbe ragione in base al contratto; purtroppo, la legge ci impone di erogare la rendita di un piano pensione solamente se il cliente che lo ha sottoscritto ci dimostra di avere diritto di percepire la pensione nel proprio regime obbligatorio. Quindi, torni a trovarci quando riceverà la pensione dall’INPS.”.
Ovviamente, i clienti hanno mostrato, spesso con una punta di malagrazia, la pagina del contratto in cui era scritto a chiare lettere che la rendita sarebbe decorsa proprio da quel giorno. Ma non c’è stato nulla da fare: le compagnie hanno dovuto rispondere -e non potevano fare altro- che la legge prevale su qualsiasi contratto. D’altronde, la norma di cui parliamo (cioè quella che impone la contemporaneità dell’inizio delle due pensioni) è chiaramente una norma imperativa e, quindi, non derogabile a piacere e con l’accordo delle parti.
Al tempo: ad essere precisi le compagnie avrebbero potuto erogare la rendita, se proprio i clienti avessero insistito, ma questo avrebbe significato la perdita dei benefici fiscali per i clienti stessi. Difatti, questi ultimi, per tutta durata della polizza, avevano dedotto dall’IRPEF i contributi versati nel piano pensionistico, ottenendo in tale modo un sostanzioso sconto fiscale. Per iniziare a percepire la rendita prima del pensionamento obbligatorio, si sarebbero dovuti, quindi, restituire tutte le somme in precedenza non versate al fisco. Tutto sommato, non sarebbe stato un buon affare.